La caparra confirmatoria integra un contratto reale, e dunque postula che già al tempo dell’accordo la parte versi una somma di denaro o una quantità di cose fungibili, avendo tale versamento funzione costitutiva della caparra; diversamente nella clausola penale l’accordo si fonda sul consenso delle parti ed il versamento dovrà avvenire solo quando si verifichi l’inadempimento o il ritardo contemplati nella clausola.
Inoltre solo nella caparra è conferito il diritto potestativo di sciogliersi dal contratto in via unilaterale e di autotutela, ritenendo la caparra ricevuta o pretendendo il versamento del doppio di quella data, qualora sia integrato l’inadempimento imputabile alla controparte.
In entrambi i casi l’accordo è collegato all’ipotesi di un futuro inadempimento.
Nondimeno la previsione della penale limita la tutela risarcitoria all’importo riportato nella clausola, salvo che non sia convenuto il risarcimento del danno ulteriore; mentre nella caparra confirmatoria l’avente diritto ha la possibilità di non avvalersi della caparra e di agire in via ordinaria per chiedere il risarcimento nella misura effettiva.
Inoltre solo per la clausola penale è prevista possibilità di richiedere al giudice una riduzione del relativo importo per riportarla ad equità.
In senso opposto un autore osserva che i due istituti presenterebbero notevoli punti di contatto quanto alla funzione e alla disciplina, sicché con riguardo alla caparra confirmatoria sarebbe possibile richiederne la riduzione, attraverso l’applicazione analogica dell’art. 1384 c.c., mentre con riguardo alla clausola penale sarebbe possibile concordare il versamento anticipato della somma prevista a tale titolo ovvero prevedere la facoltà di agire in giudizio in via ordinaria senza avvalersi della clausola attraverso l’applicazione analogica dell’art. 1385, commi 2 e 3, c.c..
Con riferimento alle differenze tra clausola penale e caparra penitenziale la prima ha per presupposto l’inadempimento e non il recesso quale facoltà legittima previamente ammessa; inoltre la penale realizza una preventiva liquidazione del danno e non costituisce, come accade invece per la caparra penitenziale, corrispettivo per il legittimo esercizio del recesso (.
Secondo la S.C. la caparra confirmatoria ha natura composita, consistendo in una somma di denaro o in una quantità di cose fungibili, e funzione eclettica, in quanto è volta a garantire l’esecuzione del contratto, venendo incamerata in caso di inadempimento della controparte (sotto tale profilo avvicinandosi alla cauzione); consente in via di autotutela di recedere dal contratto senza la necessità di adire il giudice; indica la preventiva e forfettaria liquidazione del danno derivante dal recesso cui la parte è stata costretta a causa dell’inadempimento della controparte.
Va invece escluso che abbia anche funzione probatoria e sanzionatoria, così distinguendosi sia rispetto alla caparra penitenziale, che costituisce il corrispettivo del diritto di recesso, sia dalla clausola penale, diversamente dalla quale non pone un limite al danno risarcibile, sicché la parte non inadempiente ben può recedere senza dover proporre domanda giudiziale o intimare la diffida ad adempiere, e trattenere la caparra ricevuta o esigere il doppio di quella prestata senza dover dimostrare di aver subito un danno effettivo.
La parte non inadempiente può anche non esercitare il recesso, e chiedere la risoluzione del contratto e l’integrale risarcimento del danno sofferto in base alle regole generali, e cioè sul presupposto di un inadempimento imputabile e di non scarsa importanza, nel qual caso non può incamerare la caparra, essendole invece consentito trattenerla a garanzia della pretesa risarcitoria o in acconto su quanto spettantele a titolo di anticipo dei danni che saranno in seguito accertati e liquidati.
Qualora, anziché recedere dal contratto, la parte non inadempiente si avvalga dei rimedi ordinari della richiesta di adempimento ovvero di risoluzione del negozio, la restituzione della caparra è ricollegabile agli effetti restitutori propri della risoluzione negoziale, come conseguenza del venir meno della causa della corresponsione, giacché in tale ipotesi essa perde la suindicata funzione di limitazione forfettaria e predeterminata della pretesa risarcitoria all’importo convenzionalmente stabilito in contratto, e la parte che allega di aver subito il danno, oltre che alla restituzione di quanto prestato in relazione o in esecuzione del contratto, ha diritto anche al risarcimento dell’integrale danno subito, se e nei limiti in cui riesce a provarne l’esistenza e l’ammontare in base alla disciplina generale di cui agli artt. 1453 c.c. (Cass. civ., 16 maggio 2006, n. 11356; Cass. civ., 10 giugno 1991, n. 6561).
Inoltre secondo altro arresto, a differenza di quanto previsto in tema di clausola penale, la caparra confirmatoria ha riguardo all’inadempimento vero e proprio e non al semplice ritardo; pertanto, salvo che le parti, nella loro autonomia, non abbiano fatto riferimento anche al ritardo e all’inadempimento di scarsa importanza, la caparra non può che rapportarsi all’inadempimento grave e cioè a quello che legittima la risoluzione del contratto; e al riguardo non possono che applicarsi gli stessi principi generali circa l’imputabilità e l’importanza dell’inadempimento per valutare il comportamento dell’inadempiente (Cass. civ. n. 2380/1975).
Clausola penale e caparra confirmatoria possono coesistere (Cass. civ., 28 giugno 2012, n. 10953).
La clausola penale non può essere poi confusa con i patti che aggravino o limitino la responsabilità del debitore, ossia che in diverso modo condizionino la formazione della fattispecie di inadempimento e perciò non attengano al l’ammontare del danno; oppure che riguardino questo ammontare, ma si limitino a porre un tetto massimo di risarcibilità, così permettendo la prova che il danno è minore.
La differenza tra la clausola penale e questi patti, ai quali è estraneo ogni scopo di facilitazione probatoria, risulta più evidente quando li si accosti alle limitazioni o aggravamenti di responsabilità talvolta stabiliti dalla legge (ad esempio, l’art. 1710, c. 1°, c.c. a mente del quale, se il mandato è gratuito, la responsabilità del mandatario per colpa viene valutata con minor rigore; per contro, a norma dell’art. 1839 c.c., nel servizio di cassette di sicurezza la banca è esonerata dalla responsabilità soltanto per caso fortuito).
L’art. 1229 c.c. commina la nullità dei patti di preventiva esclusione o limitazione della responsabilità del debitore per dolo, per colpa grave o per violazione di norme di ordine pubblico.
Le clausole di decadenza da un diritto possono costituire uno stimolo al l’adempimento e, quando ciò si verifichi, può essere applicata per analogia la disciplina della clausola penale.
Clausole contrattuali di limitazione della responsabilità (exemption clauses), da non confondere con le previsioni di penali di ammontare inferiore al danno prevedibile, sono poi frequenti nel commercio internazionale: esse possono escludere la responsabilità per inadempimento causato da force majeure, sostanzialmente corrispondente all’impossibilità sopravvenuta del nostro codice civile (artt. 1256, 1463, 1464 c.c.), oppure possono limitare la responsabilità al dolo o alla colpa grave (willful misconduct or gross negligence) oppure ancora porre un limite massimo di risarcibilità, anche fissandolo per relationem.
Il problema maggiore che queste clausole pongono è dato dal possibile contrasto con le norme imperative della legislazione nazionale applicabile al contratto.