La clausola penale, disciplinata dall’art. 1382 ss. c.c., rappresenta uno degli strumenti di autotutela convenzionale più efficaci per fronteggiare l’inadempimento della prestazione dedotta in contratto, in quanto stimola il debitore ad adempiere correttamente l’obbligazione quando l’ammontare della penale è superiore al danno prevedibile.
In particolare, la penale è la prestazione che un contraente si obbliga a eseguire a favore dell’altro in caso di inadempimento o ritardo nell’adempimento e svolge la funzione di liquidare, in modo preventivo e forfettario, il danno subito dal creditore.
La clausola penale ha, altresì, la funzione di limitare il risarcimento a carico del debitore e di evitare controversie sulla esistenza e misura del danno, essendo il creditore in tale ipotesi dispensato dal fornire la prova del danno.
Si discute in dottrina se la clausola in parola sia un patto accessorio al contratto fonte dell’obbligazione con la funzione di incoraggiare l’adempimento e di predeterminare, in difetto, l’ammontare dei danni, oppure un negozio autonomo in funzione meramente sanzionatoria.
L’Agenzia delle Entrate, ai fini dell’imposizione fiscale, propende per la prima ipotesi nel caso in cui la clausola penale sia stata inserita nel contratto per volontà delle parti con funzione di coercizione all’adempimento e di predeterminazione della misura del risarcimento in caso di inadempimento.
In tale ipotesi, infatti, non sussisterebbe un rapporto di connessione necessaria ed inscindibile con l’obbligazione principale, con la conseguenza che la clausola sarà sottoposta ad autonoma imposizione ai sensi dell’art. 21, comma 1, del TUR.
Tanto emerge dalla DIRETTIVA SUI CRITERI DI TASSAZIONE DI ALCUNE FATTISPECIE DI NEGOZI GIURIDICI CONTENUTI NEGLI ATTI NOTARILI che l’Agenzia delle Entrate -Direzione Regionale del Lazio Settore Servizi e consulenza Ufficio Gestione tributi ha siglato l’11.05.2016.
In particolare, nel documento si legge che, per stabilire quale sia il regime fiscale applicabile, occorre distinguere l’ipotesi in cui la clausola penale sia stata convenuta dalle parti da quella in cui invece è imposta dalla legge.
Nel primo caso, non sussiste una connessione necessaria tra la clausola penale e il contratto, costituendo la prima una pattuizione accessoria autonomamente tassabile.
Se invece la clausola penale è inserita in contratto per specifica imposizione di legge (come accadeva per i contratti di appalto di lavori pubblici stipulati in forza della legge 11/02/1994, n. 1093), la stessa costituisce una pattuizione necessaria e imprescindibile del contratto, che quindi sarà soggetto all’imposta di registro dovuta per la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa.
Quindi, le somme dovute a titolo di penale dal contraente inadempiente per effetto della clausola penale inserita convenzionalmente dalle parti nel contratto, sono soggette a tassazione e precisamente all’imposta di registro con l’aliquota del 3% ai sensi dell’art. 9 della Tariffa Parte Prima acclusa al TUR.
Ma c’è dell’altro.
Aggiunge, infatti, l’Agenzia delle Entrate, che l’operatività della clausola penale è subordinata all’eventuale inadempimento o ritardo del debitore e quindi a un evento incerto successivo alla registrazione del contratto, sicché ai fini dell’imposta di registro di cui sopra, trova applicazione per analogia la disciplina degli atti sottoposti alla condizione sospensiva, regolati dall’art. 27 del TUR, a mente del quale “Gli atti sottoposti a condizione sospensiva sono registrati con il pagamento dell’imposta in misura fissa”.
Si avrà, quindi, che al momento della registrazione del contratto, la clausola penale sconterà l’imposta di registro in misura fissa (attualmente pari ad € 200,00), per poi essere ulteriormente tassata nella misura proporzionale con l’aliquota del 3% all’avverarsi della condizione, ovvero dell’inadempimento dell’obbligazione principale o ritardo.
Ne consegue che, verificatosi l’evento inadempimento/ritardo, le parti contraenti o i loro aventi causa o coloro nel cui interesse è stata chiesta la registrazione, saranno tenuti a denunciarlo entro il termine di venti giorni all’ufficio presso il quale è stato registrato l’atto, al fine di assoggettarlo all’ulteriore liquidazione dell’imposta in misura proporzionale.