Il fatto che le azioni siano l’investimento che può produrre i rendimenti più alti è cosa non solo risaputa, ma anche confermata da autorevoli studi. Tra questi c’è una ricerca di Ibboston Associates basata sull’andamento della Borsa americana dal 1926 al 2000, da cui si evince che le probabilità di ottenere un rendimento positivo da un portafoglio diversificato in azioni USA per chi le conserva su un periodo di cinque anni sono del 90%; e salgono addirittura al 100% se il periodo si estende a quindici anni.
Nella storia, i rendimenti medi annui dei mercati azionari sono intorno al 10%. Si tratta infatti di uno dei pochi investimenti (facilmente liquidi) in grado di preservare il capitale dall’erosione dell’inflazione. Questo è sempre stato vero tranne negli ultimi dieci anni a causa di quello che è successo nel 2008.
In ogni caso, le capacità di ripresa dei mercati sono spesso estremamente vigorose come infatti sta avvenendo. Risulta essere però fondamentale ragionare sul lungo periodo e non sul breve quando ci si confronta con i mercati azionari. Nessuno infatti, dovrebbe aspettarsi che le percentuali che abbiamo visto si manifestino anche nel breve periodo. Per lo stesso motivo non ha molto senso estrapolare una tendenza su come si comporteranno i mercati nei prossimi mesi in riferimento all’andamento, poniamo, degli ultimi dodici. Eppure chi non è tentato di farlo?
A trarre in inganno è spesso una precisa trappola mentale che è stata battezzata, con giusta ironia “legge dei piccoli numeri”. Il credere cioè statisticamente vero per serie piccole ciò che è solo approssimativamente vero per serie molto lunghe ( e rigorosamente vero per serie che si approssimano all’infinito). Il fatto è che la nostra mente ha un peculiare talento nell’identificare un ordine anche dove ordine non c’è. Se non addirittura nell’attribuire un particolare significato a eventi che non ne hanno affatto.