Quali sono gli oneri del notificante se la notifica presso il domicilio eletto dalla controparte non va a buon fine per trasferimento dello studio?
A fornire la risposta al quesito, di indubbio rilievo pratico, è la Cassazione nella sua composizione più autorevole con la sentenza n. 14594 del 15.07.2016, trattando due importanti questioni di fondo.
La prima riguarda l’imputabilità dell’errore sull’individuazione del domicilio, che le Sezioni unite affrontano operando una distinzione a seconda che il procuratore eserciti o meno la sua attività professionale nel circondario del Tribunale in cui è stata radicata la controversia.
In particolare, se il difensore svolge le sue funzioni nello stesso circondario del Tribunale a cui è professionalmente assegnato, sarà onere del notificante accertare, anche mediante riscontro delle risultanze dell’albo professionale, quale sia l’effettivo domicilio professionale del difensore, con la conseguenza che non può ritenersi giustificata l’indicazione nella richiesta di notificazione di un indirizzo diverso, anche se corrispondente al domicilio eletto nel giudizio (Cfr. SS.UU. 24 luglio 2009 n. 17352 e 18 febbraio 2009 n. 3818).
Se, invece, il difensore opera fuori dalla circoscrizione e ha eletto domicilio presso un procuratore del luogo in cui è stata radicata la controversia, la notifica va effettuata nel domicilio eletto in forza degli artt. 330 e 141 c.p.c., senza che al notificante sia fatto onere di controllare prima della notifica, la correttezza dell’indirizzo presso il locale albo professionale o il suo mutamento rispetto a quello dichiarato nel corso del giudizio e riportato nell’intestazione della sentenza impugnata, essendo onere della parte che ha eletto domicilio comunicare alla controparte gli eventuali mutamenti.
Quindi, solo in caso di svolgimento di attività al di fuori della circoscrizione di assegnazione, il procuratore ha l’obbligo di comunicare i mutamenti di domicilio, obbligo che invece non sussiste quando il procuratore opera nel suo circondario.
La seconda questione affrontata dalle Sezioni Unite è quella delle attività che deve compiere il notificante se la notifica non va a buon fine a causa del trasferimento dello studio dell’avvocato domiciliatario.
In merito, la Cassazione, richiama l’orientamento già espresso da Cass. SS.UU. 24 luglio 2009, n. 17352, secondo cui se la notificazione da compiere entro un termine perentorio, non si conclude positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, quest’ultimo, ove possibile, ha la facoltà e l’onere di richiedere la ripresa del procedimento notificatorio, affinché la notifica, ai fini del rispetto del termine, abbia effetto fin dalla data della iniziale attivazione del procedimento. Ciò sempre che la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un tempo ragionevolmente contenuto, tenuti anche presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per venire a conoscenza dell’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie.
Per ritenere il processo notificatorio iniziato nel momento in cui è stata richiesta la prima notifica, devono tuttavia sussistere alcune condizioni:
Il notificante, preso atto dell’esito negativo della notifica per la modifica del domicilio, deve attivarsi con “immediatezza” e in piena autonomia per individuare il nuovo domicilio e completare il processo notificatorio, senza attendere la preventiva autorizzazione del giudice. (In tal senso Cass. SS.UU. n. 17352/2009)
Tale attività deve svolgersi con tempestività
L’onere di indicare e provare il momento in cui si è appreso dell’esito negativo della notifica, grava sul notificante, che può essere assolto producendo in giudizio la prima notifica non andata a buon fine, con la relata negativa e la cartolina di ricevimento se la notifica è stata effettuata a mezzo posta.
Ma entro quanto tempo bisogna attivarsi per rispettare i requisiti di immediatezza e tempestività?
Secondo le Sezioni Unite, il tempo entro il quale riattivare il processo notificatorio può essere fissato in misura pari alla metà del tempo indicato dall’art. 325 c.p.c. per ciascun tipo di atto di impugnazione. Infatti, se questi termini sono ritenuti congrui dal legislatore per svolgere un ben più complesso e impegnativo insieme di attività necessario per concepire, redigere e notificare un atto di impugnazione a decorrere dal momento in cui si è stato pubblicato il provvedimento da impugnare, può ragionevolmente desumersi che lo spazio temporale relativo alla soluzione dei soli problemi derivanti da difficoltà nella notifica, non possa andare oltre la metà degli stessi, salvo una rigorosa prova in senso contrario (ad esempio, relativa a difficoltà del tutto particolari nel reperire l’indirizzo del nuovo studio).
Per quanto sopra le Sezioni Unite con la sentenza n. 14594 del 15.07.2016, hanno formulato il seguente principio di diritto:
La parte che ha richiesto la notifica, nell’ipotesi in cui non sia andata a buon fine per ragioni a lei non imputabili, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve attivarsi con immediatezza per riprendere il processo notificatorio e deve svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento. Questi requisiti di immediatezza e tempestività non possono ritenersi sussistenti qualora sia stato superato il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data rigorosa prova.